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mercoledì 13 maggio 2020

STEP 16


Chi può essere preso come testimonial della "Riproducibilità"

WALTER BENJAMIN

Se dovessi scegliere una persona come testimonial della parola "Riproducibilità" la prima a cui penserei sarebbe il filoloso, scrittore, critico letterario tedesco Walter Benjamin. Il concetto entrò sin da subito nella sua vita, tanto che scrisse un libro in cui parla della riproducibilità in ambito artistico, il titolo è "Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit" tradotto in italiano " L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica”. 




Il saggio tratta dell’avvento delle nuove tecniche e delle conseguenze che comportano nell’essenza dell’opera d’arte. Benjamin, infatti, sostiene che la nascita delle tecniche di riproduzione (delle quali compie un breve riassunto, partendo dalla litografia per terminare con il cinema, soffermandosi in particolar modo sulla fotografia) ha privato l’opera d’arte (di qualunque genere essa sia: quadro, esecuzione musicale, scultura) di quel che lui definisce “aura”: l’aura dell’opera d’arte è il suo “hic et nunc” (il suo qui ed ora) che costituisce il concetto della sua autenticità, cioè: l’aura è “un singolare intreccio di spazio e tempo, l’apparizione unica di una lontananza, per quanto possa essere vicina”. L’opera d’arte, in passato, era strettamente legata ad un contesto (basti pensare alle statue greche, ora nei musei, all’epoca nei tempi) che spesso era rituale religioso; la sua fruizione, ovvero la sua percezione ed osservazione da parte della persona, era direttamente collegata alla funzione dell' ”oggetto” il quale, spesso, era soltanto simbolo rituale e poi diventava “opera d’arte”. Questa è l’aura dell’opera: la sua storia, la tradizione che porta in sé. La perdita dell’aura significa quindi l’impossibilità, da parte del soggetto, di cogliere l’opera nel suo contesto d’appartenenza, per ciò che essa realmente è, con la sua storia e la sua materialità. Quest’esperienza rende l’opera d’arte autentica in quanto, al momento della fruizione, il soggetto rivive, tramite l’opera, la tradizione che l’ha creata. Con la riproducibilità tecnica, invece, l’opera viene estraniata dal suo contesto culturale, viene estrapolata da esso e quindi vien meno il “qui e l’ora” aumentando, al contrario, il suo valore espositivo che è fondato, non più sul rituale, bensì sulla politicità. Benjamin, però, riabilita questa perdita dell’aura in quanto, a suo giudizio, l’opera d’arte in questo modo acquista contatto con le masse, che, all’epoca, cominciavano a manifestarsi come “movimento unitario”. Per concludere possiamo dire che Benjamin in un primo momento denuncia la perdita dell’ “aura” delle opere d’arte a causa dell’evoluzione tecnologica che permetteva (grazie alla fotografia, alla litografia e al cinema) di riprodurre un’opera d’arte quali un dipinto, una statua, distaccando il soggetto rappresentato dal suo contesto sociale, ma successivamente l’autore si rende conto che nell’epoca in cui viveva, le masse potevano essere portatrici di questi concetti.


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